QUESTIONARIO UNCEM SUL DIGITAL DIVIDE: NEGATIVI I PRIMI DATI. GRAVI MANCANZE NEI TERRITORI, ANCHE PER LE LINEE TELEFONICHE

Di seguito riportiamo i risultati parziali pubblicati da UNCEM Piemonte relativi al questionario sul digital divide.

Allo studio un’azione contro gli operatori nazionali del settore delle telecomunicazioni che hanno abbandonato le “zone a fallimento di mercato” per rivolgersi solo alle remunerative aree urbane

Le linee telefoniche fisse e mobili, non funzionanti o con carenze gravi, sono il principale problema da risolvere nelle aree montane del Piemonte. Questo unito alla difficoltà nel vedere i canali Rai e Mediaset sul digitale terrestre e a navigare su internet a velocità decenti. Il questionario on line lanciato una settimana fa da Uncem – oltre duecentocinquanta finora le risposte e i commenti – dà i primi risultati. Ancor più gravi di quelli attesi. Rimarrà attivo su internet sino al 30 settembre e permetterà di inquadrare il gravissimo digital divide che coinvolge tutte le aree alpine e appenniniche del Paese. Una vera emergenza per la quale Uncem – dopo numerose sollecitazioni agli operatori privati del settore delle telecomunicazioni, chiamati a confrontarsi maggiormente con gli Enti locali – sta studiando azioni legali e una mobilitazione di tutti i 553 Comuni montani. Alla denuncia piemontese potrebbero unirsi altre Regioni alpine: Uncem negli ultimi giorni è stata sollecitata a proseguire il lavoro da Amministratori di Brescia e Belluno in particolare, dove sono molte le zone non raggiunge da banda larga o dove i segnali tv sono ridotti al minimo. Tutta colpa anche della carenza di manutenzione degli impianti in quota, per telefonia o televisione, come Uncem aveva denunciato con forza dopo le nevicate del 2009.

Su tutti, vale un commento aperto lasciato al questionario Uncem: “Internet veloce nei paesi di montagna è un’utopia. Utilizzo internet per lavoro, ma la mia attività è fortemente penalizzata dalla lenta connessione internet. Pago per un servizio (Telecom) che di fatto non ho; sul contratto dovrebbero garantirmi una velocità minima in upload (contratto da 20Mbps, ma ridotto a 7Mbps con un minimo garantito di 2Mbps), ma a volte arriva solo a 1Mbps scarso (0,63 Mbps registrato il 24.06.2015). Non ho alternative (o scarse e con costi elevati) e quindi mi sobbarco con ciò che ho. Protesto con Telecom, ma la mia voce è una goccia. Eppure devo (per lavoro) utilizzare internet (MUDE regionale, SUAP, Catasto – Docfa e Pregeo, ecc., reperire dati online dei comuni -PRG, Mappe, ecc., utilizzare le mappe della Regione, ecc.)”. Dalle risposte date al questionario, risulta che il 90% considera la velocità di navigazione in internet più bassa rispetto a quella pagata e il 95% vorrebbe navigare a velocità più elevate. Sempre il 90% vorrebbe la fibra ottica e il 92% una copertura wi.fi gratuita nei luoghi pubblici del proprio Comune.

Uncem ha chiesto alla Regione di poter pianificare subito, con le Unioni montane di Comuni, gli investimenti legati alla disponibilità di 100milioni di euro (dal Por Fesr e dal Por Feasr). Ma è evidente come serva un’azione dello Stato che imponga alle imprese del settore – da Telecom a Vodafone, passando per Wind e Fastweb – di investire di piu e meglio delle risorse proprie sui “territori interni” (senza aspettare i fondi Cipe o i programmi governativi per l’infrastrutturazione digitale), dove vi sono meno clienti. Il problema aperto è secondo Uncem, non è tecnologico (ci sarebbero diverse soluzioni tecniche percorribili, più o meno costose), bensì politico-culturale: evitare cioè che, nell’era delle app e della tv on demand, una parte del Paese e di cittadini sia costretta a fermarsi ai soli tre canali visibili sulla tv e ai 56kb per navigare in internet. È quanto succede da troppo tempo in Piemonte, in attesa di un intervento strutturale sussidiario, intelligente e rispettoso di chi vive e opera nelle Terre Alte.


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