FISCALITA’, AUTONOMIA TRIBUTARIA DEI COMUNI E DEFISCALIZZAZIONE DELLE ZONE MONTANE

Riportiamo la newsletter di UNCEM relativa alle proposte in merito all’autonomia tributaria dei comuni e defiscalizzazione delle zone montane.

Uncem lancia al Governo, al Parlamento e alle Regioni una serie di proposte per istituire zone a fiscalità di vantaggio, ridistribuire il gettito fiscale sul territorio, scorporare dal patto di stabilità gli investimenti produttivi e infrastrutturali 

Cinque proposte al Governo, al Parlamento e alle Regioni per ridare ai Comuni autonomia tributaria e individuare nelle Unioni montane di Comuni il luogo dove nasce e si costruire una sussidiarietà verticale tra enti e orizzontale nella comunità. Le ha lanciate a Torino, all’interno del Consiglio dell’Uncem Piemonte, l’on. Enrico Borghi, presidente dell’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna e presidente nazionale Uncem. Un percorso tracciato in vista della Legge di Stabilità, dei decreti relativi alla delega fiscale, del Collegato ambientale alla legge finanziaria. “I Comuni, in questo contesto normativo e istituzionale di profonda, storica evoluzione – ha detto Borghi davanti a 50 sindaci e presidenti di Unioni montane di tutta la regione – devono recuperare l’autonomia tributaria. Nel processo di abolizione della Tasi, che va sostenuto , si deve tenere conto della specificità dei territori montani, dove si genera un gettito fiscale diverso da quello delle realtà di pianura. Ecco perché in questo riequilibrio diventa indispensabile considerare l’Unione di Comuni come il territorio dove effettuare un riequilibrio che affronti la sperequazione. Vi sono infatti Comuni che hanno aree industriali, impianti produttivi, maggior numero di seconde case vista la loro vocazione turistica. Altri Comuni della stessa valle hanno invece servizi come casa di riposo e scuole di secondo grado che servono a tutti. In questo scenario sovracomunale, diverso ma inscindibile, va scelta la strada della sussidiarietà e della solidarietà che è necessaria per le imprese e per tutta la comunità”.

Da Borghi è poi arrivata una seconda proposta che si basa sulle differenze strutturali e sociali delle Terre Alte rispetto alla pianura, collegate alle spese che chi vive in montagna deve sostenere. “La mobilità ha nelle Alpi e negli Appennini dei costi più alti- ha proseguito il presidente Uncem – Senza automobile fai niente. Devi spostarti e subisci dunque, dai 18 ai 75 anni, i costi sempre più alti della mobilità, tra auto, bollo, carburante, assicurazione. Nelle aree urbane è ben diverso, con reti di trasporto a maglie strette, e anche con una sharing economy che permette alle nuove generazioni, sempre più, di usare auto e mezzi di trasporto in prestito, senza acquistarle”. Da questa analisi, la proposta: “Destinare alle aree montane, alle Unioni montane di Comuni, un’aliquota fiscale derivante dalle imposte erdella mobilità. Non avremo più la tassa su casa e terreni agricoli, grazie a una battaglia nata in Uncem, in Piemonte, e vinta, ma dobbiamo conquistare una parte del gettito legato alla mobilità”. “Come in Francia e in Svizzera – ha proseguito Borghi – dobbiamo avere una capacità impositiva per le Unioni, aggregazioni di Comuni. Senza questa possibilità, i piccoli Comuni saranno messi in crisi da un sistema fiscale polarizzato sulle grandi città, che li esclude dalla torta da ripartire”. In questo scenario innovativo e possibile è arrivata la quarta proposta Uncem: rivedere il patto di stabilità per i Comuni montani, riconoscendo esclusi tutti gli investimenti per proteggere i servizi, così come quelli per impianti legati alla produzione di energie rinnovabili e alla manutenzione del territorio, a partire da interventi per la prevenzione del dissesto idrogeologico.

Ultimo tema sul quale Uncem continuerà una grande mobilitazione nazionale, la defiscalizzazione per le attività produttive, di tutti i settori, nelle aree montane. “Oggi è possibile – ha affermato Enrico Borghi – se vi è una regia a livello statale. Si può tagliare l’Irap alle imprese ad esempio, agire anche sull’Irpef, e per compensare il gettito mancante si possono utilizzare parti dei fondi strutturali europei. Eviteremmo così di impiegarli per ennesimi studi o per fare cose che abbiamo già fatto. Con le risorse comunitarie andremmo invece a riequilibrare uno storico deficit e un gap permanente che, accompagnato alla sburocratizzazione, consente alle imprese in particolare turistiche, artigianali, agricole, di proseguire e incrementare la loro attività, generando redditi e occupazione stabile. Lavoreremo su questi assi con il Governo e nelle Commissioni parlamentari. Sono certo che si troverà un’ampia convergenza. Le sfide delle riforme strutturali del Paese si vincono puntando sulle zone interne, rurali, montane, sui piccoli Comuni, restituendo loro dignità, servizi, infrastrutture, ma non senza un fisco più equo e giusto”.


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